[CRITICA CULTURALE] [FILOSOFIA] A PROPOSITO DELLE INDICAZIONI DEL PAPA AGLI ARTISTI

Pubblichiamo un lungo articolo di critica alle concezioni dell’arte proposte dal papa nel suo discorso del 23 giugno tenuto in occasione del 50° anniversario dell’inaugurazione della Collezione d’Arte Moderna dei Musei Vaticani.

Corporativismo e ‘filosofia dell’essere’: la chiesa cattolica al servizio dell’imperialismo

Lo Stato, sotto il dominio dell’imperialismo, è una dittatura di tipo particolare, che non può basarsi solo sull’esercizio della forza, ma deve anche impegnarsi nella costruzione di un sistema sempre più articolato e complesso di dominio egemonico. In questa fase produce quindi non solo un sistema politico statale caratterizzato dalla tendenza al fascismo e alla guerra imperialista, ma anche un corrispondente clima culturale fondato su una pseudofilosofia che è propria dell’imperialismo, l’idealismo soggettivo. Nel campo delle scienze naturali ed umane, l’idealismo soggettivo si è espresso con l’egemonia del neopositivismo, in campo filosofico, letterario e in altri campi culturali è stato invece sistematizzato nel secolo scorso dalla linea Nietzsche-Heidegger. Queste due tendenze si sono spesso variamente intersecate e sovrapposte a causa di una serie di temi e di concezioni di fondo comuni. Questa è la base filosofica’ delle teorie dell’arte del papa.

A proposito dell’esercizio del dominio egemonico, come non è mancato nel secolo scorso, anche oggi dunque non si può non rilevare il ruolo giocato dalla Chiesa per voce del Papa Francesco Bergoglio.

Nel 2013 Bergoglio, per anni arcivescovo di Buenos Aires e presidente della CEA (conferenza episcopale argentina), è stato eletto papa. La sua elezione ha sollevato negli ambienti democratici latinoamericani aspre critiche per i suoi legami con le gerarchie appartenenti alla destra fascista come l’organizzazione cospirativa peronista e nazi-fascista “Guardia de Hierro” e la giunta militare golpista, che nel 1976 portò al governo Videla. Bergoglio è inoltre noto per aver espresso apertamente, in varie circostanze, posizioni omofobe e maschiliste.

In Argentina Bergoglio ha sviluppato una concezione e una corrispondente linea politico-ideologica a sostegno della realizzazione di una società fortemente connotata in senso corporativo e antidemocratico. Questa dottrina, sul piano etico-culturale e su quello politico, combina e fonde ecletticamente la demagogia populista contro ‘i potenti’ con l’opposizione ai diritti delle donne e con l’ideale di grande patria e di predestinazione del popolo argentino, riprendendo la concezione dell’“essere” di Heidegger:

“Siamo un popolo con vocazione di grandezza. Una libertà, infine, che finisce per illuminare ciò che significa “essere popolo”. Non tanto come categoria logica, ma come categoria mistica”. Popolo più di una parola è una “chiamata”, una “convocazione” a uscire dai confini ristretti dell’individualismo, per entrare e partecipare ad un progetto comune; un progetto di vita e storia. In questo modo essere popolo implica una geografia e una storia; una decisione e un destino”. [J. M. BERGOGLIO, MCE, Buenos Aires, 14 de abril de 2010 https://revistas.comillas.edu/index.php/razonyfe/article/ view/10018/9417].  

Oggi papa Bergoglio, in qualità di massimo esponente della componente gesuitica della Chiesa cattolica, sta investendo molto, ad esempio attraverso la polemica contro le banche oppure avanzando generiche soluzioni sulla riduzione dell’orario di lavoro, per costruirsi un’immagine di guida spirituale di una società paternalistica e caritatevole, alla quale starebbe a cuore il problema di dare risposte ai più elementari bisogni materiali degli strati sociali impoveriti dalla crisi. In questo modo,  Bergoglio si appresta a svolgere la doppia funzione, da un lato di cuscinetto ammortizzatore dell’impatto delle misure liberticide e antipopolari al servizio del grande capitale nazionale ed estero, che il governo Meloni vara a ritmo sostenuto e, dall’altro, compatta intorno al suo disegno ‘comunitario’ radicalmente corporativo, vari settori del mondo cattolico, delle ONLUSS, in particolare del Terzo Settore, No Profit e privato-sociale, e del nutrito arcipelago della sinistra cosiddetta ‘radicale’, tra cui il padre comboniano Alex Zanotelli, la redazione del “Manifesto” e vari raggruppamenti e partitini della galassia compresa tra il PD e i residui del PRC. A tale proposito, la Repubblica del 29 ottobre 2021 sottolineava: “le affinità di pensiero tra il messaggio sociale di Jorge Mario Bergoglio e le critiche al modello capitalistico della sinistra radicale sono cosa nota”.

Come si è potuto rilevare il 23 giugno scorso, anche una serie di figure di spicco della cultura e dell’arte si sono premurate di omaggiare il papa in occasione del 50° anniversario dell’inaugurazione della Collezione d’Arte Moderna dei Musei Vaticani. Per l’occasione, Papa Bergoglio ha tenuto nella Cappella Sistina un discorso sull’arte[1] alla presenza di alcune centinaia di artisti provenienti da tutto il mondo.[2]

La figura e il ruolo dell’artista secondo Bergoglio: ‘l’ignoranza avvicina all’essenza delle cose’

In tale discorso, il papa si è fatto portatore di un costrutto mitico dell’arte e del ruolo dell’ “artista”.

Secondo questa concezione, l’artista sarebbe un essere speciale dotato di una singolare sensibilità che, guardando le cose attraverso il filtro della propria interiorità, sarebbe in grado di cogliere e rappresentare la realtà e di rintracciare i motivi di ciò che avviene.

Riportando alcune espressioni del teologo Romano Guardini, come “lo stato in cui si trova l’artista mentre crea è affine a quello del fanciullo e pure del veggente” e “l’opera d’arte apre uno spazio in cui l’uomo può entrare, in cui può respirare, muoversi e trattare le cose e gli uomini, fattisi aperti” (L’opera d’arte, Brescia 1998, 25), Bergoglio cerca di caratterizzare la personalità dell’artista: “… l’artista è un bambino … si muove anzitutto nello spazio dell’invenzione, della novità, della creazione, del mettere al mondo qualcosa che così non si era mai visto. … Voi artisti realizzate questo, facendo valere la vostra originalità. Nelle opere mettete sempre voi stessi, come esseri irripetibili …, portate alla luce l’inedito, arricchite il mondo di una realtà nuova. … La creatività dell’artista sembra così partecipare della passione generativa di Dio. Quella passione con la quale Dio ha creato. … La creatività dell’artista: non basta soltanto guardare, bisogna sognare. … Voi artisti, allora, avete la capacità di sognare nuove versioni del mondo… La capacità d’introdurre novità nella storia. … assomigliate anche ai veggenti. Siete un po’ come i profeti. Sapete guardare le cose sia in profondità sia in lontananza … e scandagliare la realtà al di là delle apparenze” (vedi nota n.1).

Dunque l’artista, ‘anima semplice’, ‘incompleta come quella dei fanciulli’, conosce il mondo attraverso l’intuizione personale e così crea l’opera d’arte. Non ha desideri velleitari di cambiare lo stato delle cose, ma si accontenta “d’introdurre novità nella storia” (vedi nota n.1). Non gli serve avere un apparato concettuale elaborato e sperimentato, sintesi della storia dello sviluppo e della prassi dell’umanità, in base al quale poter ricavare le leggi che governano il mondo in funzione di una pratica adeguata alla sua trasformazione, riflettendole quindi attraverso un approccio realistico all’arte[3].

Secondo Bergoglio, l’arte sarebbe un ambito destinato al godimento estetico che si sottrae al problema di una rappresentazione razionale della realtà. Non si fonderebbe quindi su rapporti ed eventi espressione di concrete contraddizioni sociali. Nelle concezioni proposte dal papa gli stessi eventi vengono quindi trasfigurati in identità puramente immaginarie, in costrutti mitologici presentati come fissi nel tempo e nello spazio, come entità legate a meccanismi indescrivibili e indecifrabili.

Questo tipo di concezioni sono il riflesso ideologico di ciò che resta di uno strato sociale imputridito, come quello ecclesiastico, che dal punto vista economico e politico ripropone ancora rapporti semifeudali parassitari mai completamente superati nella particolare storia della penisola italiana, dove questo ingombrante apparato ideologico, sociale e istituzionale appare come una sorta di entità dalla capacità mistica di permanere e di autoriprodursi nel tempo.

Non a caso, Papa Bergoglio parla anche del rapporto tra Chiesa e arte come di “un’amicizia speciale, soprattutto se pensiamo a molti tratti di storia percorsi insieme, che appartengono al patrimonio di tutti, credenti o non credenti” (vedi nota n.1).

Il paternalismo aristocratico del gesuitismo

Nella seguente citazione possiamo anche rilevare come la definizione della figura dell’artista data dal papa, lo conduca subito a mettere in contrapposizione l’arte, individuata come occupazione prettamente spirituale, con il sapere tecnico e razionale: “… l’artista prende sul serio la profondità inesauribile dell’esistenza, della vita e del mondo, anche nelle sue contraddizioni e nei suoi lati tragici. Questa profondità rischia di diventare invisibile allo sguardo di molti saperi specializzati, che rispondono a esigenze immediate, ma stentano a vedere … la dimensione nella quale ci muoviamo, anche quando non ne siamo consapevoli, … dello Spirito” (vedi nota n.1).   

Qui è possibile notare come venga enfatizzata la particolarità dell’arte nella sua presunta separatezza da tutte le altre attività dell’uomo. In questo modo, anche la questione dell’arte va a innestarsi nella contraddizione più generale tra lavoro manuale e lavoro intellettuale, cristallizzandone la scissione e fissando nell’organizzazione sovrastrutturale l’impossibilità dello sviluppo di competenze complessive da parte di chi svolge lavori manuali. Tale contraddizione, classicamente legata ai rapporti dominati dalla produzione di merci, dalla proprietà privata dei mezzi di produzione e definitivamente fissata in maniera antagonista dal capitalismo, produce spontaneamente una visione, tendenzialmente introiettata da tutte le classi sociali comprese quelle appartenenti agli strati popolari, in base alla quale  la loro condizione sarebbe naturale ed eterna e non invece espressione di determinati rapporti di produzione e del loro processo storico.

Ancora una volta vediamo come le affermazioni del papa affondino anche le proprie radici in quell’antica contrapposizione che, per quanto riguarda la storia d’Italia, ha visto la chiesa perseverare in tutti i modi, al fine di salvaguardare i propri privilegi feudali, nella politica di controllo sugli intellettuali che approdavano a nuove conoscenze tecniche e scientifiche. Questo allo scopo di impedire che le venisse sottratta l’egemonia sui contadini e sulle masse popolari e che si affermasse, come stava avvenendo in vari paesi d’Europa, una nuova classe borghese in grado di competere con quelle feudali in declino.

Per questo motivo, durante tutto il Medioevo nella nostra penisola, gli intellettuali che, sotto il profilo filosofico, politico, tecnico e scientifico, davano espressione ai bisogni e agli interessi degli strati borghesi emergenti della popolazione (per altro allora in Italia assai ridotti), erano costretti a scegliere tra l’essere sottoposti a persecuzioni ed eventualmente comprarsi una vita agiata e ricca di privilegi in cambio dell’abiura, oppure trasferirsi e porsi al servizio della nascente borghesia degli stati assolutistici europei.

Indicazioni del papa agli artisti

Anche nella seguente citazione dai toni caritatevoli, ancora una volta emerge l’idealizzazione del ruolo dell’artista e si respinge di fatto l’idea che le classi popolari possano avere una propria coscienza e spiritualità, delle potenzialità fino ad ora impossibilitate ad esprimersi e una propria funzione indipendente nelle produzioni artistiche in termini di contenuto e forma. Al contrario, il papa opera per alimentarne la dipendenza, riservando loro il ruolo di silenziose fruitrici di un’arte prodotta da intellettuali separati dalle masse, magari nelle vesti di testimoni che indugiano nella contemplazione delle manifestazioni più dolorose e bestiali di questa società e che le fissano nell’eternità e nei disegni indecifrabili dell’universo.

 “Vorrei chiedervi di non dimenticarvi dei poveri, … in tutti i modi in cui si è poveri oggi. Anche i poveri hanno bisogno dell’arte e della bellezza. Alcuni sperimentano forme durissime di privazione della vita; per questo, ne hanno più bisogno. Di solito non hanno voce per farsi sentire. Voi potete farvi interpreti del loro grido silenzioso” (vedi nota n.1).  

È ben evidente qui, quel tipo di cattolicesimo paternalistico e aristocratico nei confronti delle classi inferiori che, per es. rispetto ai ‘Promessi sposi’ del Manzoni, viene caratterizzato come gesuitismo da Antonio Gramsci nei suoi Quaderni del carcere. Nel Quaderno n.8 Gramsci scrive: “Il Manzoni … ha subito la Controriforma, il suo cristianesimo è gesuitismo. E il Faggi nota che «nei Promessi Sposi sono gli spiriti superiori come il padre Cristoforo e il Cardinale Borromeo che agiscono sugli inferiori e sanno sempre trovare per loro la parola che illumina e guida». Bisognerebbe ancora notare che nei Promessi Sposi non c’è personaggio di condizione inferiore che non sia «preso in giro»: da don Abbondio, a fra Galdino, al sarto, a Gervasio, ad Agnese, a Renzo, a Lucia: per lo meno essi sono rappresentati come esseri meschini, senza vita interiore. Vita interiore hanno solo i signori: fra Cristoforo, il Borromeo, l’Innominato.”

La questione dell’estetica e del suo rapporto con la questione del contenuto

E così siamo entrati nel campo dell’estetica, dove il ‘bello’ può essere considerato tale solo nella misura in cui è espressione di una forma che risulta capace di rappresentare adeguatamente determinati contenuti. Non è possibile quindi una sua separazione da essi e, in ultima analisi, il problema finisce per attenere alla natura determinata di tali contenuti. Ne deriva che comunque, l’esaltazione astratta della rappresentazione artistica come pura espressione e puro godimento estetico è semplicemente mistica e sofistica e si pone quindi al servizio delle classi dominanti reazionarie, che propagandano idealisticamente la scissione della forma artistica dai rapporti sociali di cui, in un modo o nell’altro, mistificato o realistico, risultano espressione.

Una completa scissione in realtà risulta impossibile perché una qualsiasi rappresentazione artistica che punti a conseguire il gradimento del pubblico, tratterà un tema che, per quanto spesso in modo mistificato, non può che rimandare a contenuti e rapporti di una qualche rilevanza ideologica e quindi, in questo senso, anche sociale.

Prendiamo ora in considerazione l’asserzione che l’arte “è sempre stata legata all’esperienza della bellezza”, che “tocca i sensi per animare lo spirito e fa questo attraverso la bellezza, che è il riflesso delle cose quando sono buone, giuste, vere …” (vedi nota n.1).

Si tratta di una concezione irrazionalistica e sofistica poiché pone alla base dell’arte “l’esperienza della bellezza” e quindi quella di un ‘essere originario’ dato al soggetto ed alla sua sensibilità tramite l’inibizione dell’intelletto e della ragione. Il giusto ed il vero diventano l’origine, l’elemento primario e causante, che al soggetto arriva nella forma dell’immediata immersione nell’esperienza estetica. Il papa potrà pure polemizzare superficialmente con il linguaggio di Heidegger, ma di fatto ne riprende i temi di fondo che, d’altronde, spesso e volentieri sono quelli della teologia dell’aristocrazia feudale.

L’effettiva natura di queste dissertazioni di Bergoglio, che si presentano in veste ‘altamente spirituale’, emerge se incominciamo, per esempio, a considerare le inevitabili conseguenze relative ai costumi e agli stili di vita dell’imputridita aristocrazia che le assume e le propaganda. Emblematico è probabilmente il caso del rapporto tra il papa e il gesuita Marko Ivan Rupnik.

Il potere dell’ “artista” gesuita Marko Ivan Rupnik

A partire dagli anni Novanta fino ad oggi, questo inquietante personaggio ha accumulato numerose denunce di abusi e molestie nei confronti di religiose e donne laiche, ma da subito è scesa una cortina di omertà e di silenzio e per decenni Rupnik ha potuto godere indisturbato di significativi riconoscimenti da parte degli alti vertici ecclesiastici.

Nel 1993 viene inaugurato da papa Wojtyla il Centro Studi e Ricerche Ezio Aletti come parte del Pontificio Istituto Orientale “allo scopo di creare occasioni privilegiate d’incontro e di scambio sul Cristianesimo dell’Est europeo”. A Rupnik viene affidata la direzione dei lavori della Compagnia di Gesù e nel 1995, sempre all’interno del Centro Aletti, Rubnik fonda l’Atelier d’Arte spirituale e Architettura. Nonostante l’accumulo negli anni di testimonianze di abusi, sembrerebbe che Rupnik abbia potuto mantenere indisturbato la direzione delle attività del centro fino al giugno 2020. (info e citazioni da Vanessa Ricciardi – 24 dicembre 2022, editoriale Domani).

Nel 2009 anche il successore di Wojtyla, papa Ratzinger, in riferimento alla realizzazione di decine di mosaici realizzati da Rupnik nella chiesa inferiore di San Pio da Pietrelcina, esprime parole di grande apprezzamento nei confronti della sua opera artistica, al punto di affermare che “Oltre a essere di una bellezza straordinaria è anche una lezione di teologia magistrale”. (info e citazioni da Vanessa Ricciardi citato)

E torniamo a papa Bergoglio: nel 2015 prende la decisione di indire il Giubileo straordinario della misericordia e di celebrarlo passando sotto un mosaico realizzato da Rubnik; nel 2016 tiene personalmente una messa commemorativa per i 25 anni del centro Aletti e nel 2017 nomina Rupnik consultore del Dicastero per il culto divino e la disciplina dei sacramenti.

Nel maggio 2020, difronte alla testimonianza di un nuovo caso di abuso, Rubnik viene raggiunto da un decreto di scomunica della Congregazione per la dottrina della fede che, inspiegabilmente, viene revocato nello stesso mese. Inoltre, secondo una nota della Compagnia di Gesù a proposito degli abusi da parte di Rubnik risalenti al 1990, il dicastero per la dottrina della Fede “ha constatato che i fatti in questione erano da considerarsi prescritti e ha quindi chiuso il caso, all’inizio di ottobre di quest’anno 2022”.

Il cardinale vicario di Roma Angelo De Donatis, sostituto di Bergoglio a Roma, di fronte all’aumento di testimonianze di abusi e violenze da parte di Rupnik, afferma che “Noi ministri di Cristo non possiamo essere meno garantisti e caritatevoli di uno Stato laico, trasformando de plano una denuncia in reato”. I giudizi “che vediamo diffondersi da parte di molti con particolare veemenza, non sembrano manifestare né un criterio evangelico di ricerca della verità, né un criterio di base su cui si fonda ogni stato di diritto, a verbis legis non est recedendum”. (info e citazioni da Vanessa Ricciardi citato)

Ed è davvero sbalorditiva l’imperturbabilità dei vertici ecclesiastici che, nonostante il dilagare delle accuse, ormai di dominio pubblico, da parte di decine di donne a carico di Rupnik, nel 2021 gli affidano lavori come quello di restauro della cappella del Pontificio Seminario Romano e gli commissionano la realizzazione dell’immagine dell’«amore sacramentale tra uomo e donna», immagine ufficiale dell’incontro mondiale delle famiglie che si è svolto in Vaticano dal 22 al 26 giugno del 2022. Si potrebbe dire una vera beffa, non solo nei confronti di chi è stato abusato, ma anche delle masse dei credenti cattolici.

E a dimostrazione della grande stima e onorabilità di cui gode un tale “artista”, anche relativamente alla sua concezione del rapporto tra uomo e donna che, a quanto pare, si è tradotta in una ben precisa pratica ai danni di molte donne che, volenti o nolenti, sono entrate in relazione con lui, concludiamo la breve panoramica con questa citazione presa da un’intervista del 2018 di Tv2000 a Bergoglio, che esalta un’immagine religiosa della Madonna realizzata da Rupnik: “C’è quell’icona di padre Rupnik con la Madonna al centro: la Madonna ha le mani come scalini, Gesù scende e in una mano ha la pienezza della legge, il rotolo, e nell’altra mano si aggrappa a Maria. Dio ha avuto bisogno di aggrapparsi a una donna per venire da noi. Questa è un’intuizione molto grande”. (info e citazioni da Vanessa Ricciardi citato)

Il fascismo legittimato dalla concezione dell’arte come gestione armonica del conflitto

Il discorso di Bergoglio prosegue: “…un criterio importante per discernere, quello dell’armonia. La bellezza vera, infatti, è riflesso dell’armonia. … lo Spirito Santo: lo Spirito è l’armonia. Ipse harmonia est. Lo Spirito è quello che fa l’armonia. E l’artista ha qualcosa di questo Spirito per fare l’armonia. Questa dimensione umana dello spirituale. La bellezza vera, infatti, è riflesso dell’armonia. Essa, se posso dire così, è la virtù operativa della bellezza. È il suo spirito di fondo, in cui agisce lo Spirito di Dio, il grande armonizzatore del mondo. L’armonia è quando ci sono delle parti, diverse tra loro, che però compongono un’unità, diversa da ognuna delle parti e diversa dalla somma delle parti. … Sempre mi colpisce pensare allo Spirito Santo come quello che permette di fare i disordini più grandi – pensiamo alla mattina di Pentecoste – e poi fa l’armonia. Che non è l’equilibrio, no, per fare l’armonia ci vuole prima lo squilibrio; l’armonia è un’altra cosa rispetto all’equilibrio. Quanto è attuale questo messaggio: siamo in un tempo di colonizzazioni ideologiche mediatiche e di conflitti laceranti; una globalizzazione omologante convive con tanti localismi chiusi. Questo è il pericolo del nostro tempo. Anche la Chiesa può risentirne. Il conflitto può agire sotto una finta pretesa di unità; così le divisioni, le fazioni, i narcisismi. Abbiamo bisogno che il principio dell’armonia abiti di più il nostro mondo e cacci via l’uniformità. Voi artisti potete aiutarci a lasciare spazio allo Spirito. Quando vediamo l’opera dello Spirito, che è creare l’armonia delle differenze, non annientarle, non uniformarle, ma armonizzarle, allora capiamo cosa sia la bellezza. La bellezza è quell’opera dello Spirito che crea armonia.” (vedi nota 1, pag. 2)

Riecheggia la già nota dottrina della “società comunitaria” presentata anche come “società del bene comune”, elaborata e già applicata da Bergoglio in Argentina, con l’intento di legittimare il fascismo corporativo ed il nazionalismo e di conciliare e prevenire la conflittualità politica e sociale delle masse. Questo con lo scopo di contribuire a stabilizzare la situazione politica e sociale anche tramite il rilancio di un “dialogo sociale” incentrato sul protagonismo di una Chiesa cattolica capace di coinvolgere sindacati collaborazionisti, ong ed associazioni no profit, attraverso una gestione più “responsabile”, con il dichiarato fine demagogico di voler attenuare l’impatto dei soprusi e delle diseguaglianze generate dal capitalismo.

Una gestione “armonica”, quindi, dove “le differenze non diventino conflitti, ma diversità che si integrano; e nello stesso tempo che l’unità non sia uniformità, ma ospiti ciò che è molteplice.” (vedi nota 1, pag. 2)

Insomma, le classi subalterne restino al loro posto, al gradino sociale per cui sono state destinate nel disegno divino. Non siano portatrici di conflitto e non disturbino chi, diversamente, è ‘gravato’ da compiti e responsabilità che attengono il “bene comune”, questo grande arcano che solo pochi eletti hanno facoltà di sciogliere e la cui opera i comuni mortali devono solo ‘ammirare’.

Ancora una volta, dietro la forma astratta della bellezza e dell’armonia, il contenuto specifico di chi ha il compito di mantenere l’egemonia sulle classi subalterne per confermare e assicurare il potere alla grande finanza, al grande capitale e alle voraci ed onnipresenti rendite e, nel caso della chiesa, per perpetuarne le vestigia feudali nei secoli dei secoli.


[1] https://www.vatican.va/content/francesco/it/speeches/2023/june/documents/20230623-artisti.html

[2] Tra gli italiani invitati e presenti all’evento: il pittore Mimmo Paladino, gli attori Silvio Orlando e Alessandro Haber, i registi Alice Rohrwacher, Marco Bellocchio e Mario Martone, i musicisti Ludovico Einaudi, Mogol, Luciano Ligabue, Manuel Agnelli, Enrico Ruggeri e Simone Cristicchi, gli scrittori Roberto Saviano, Nicola Lagioia, Nicolò Ammaniti, Michela Murgia e Alessandro Baricco. Era presente anche il fotografo statunitense Andres Serrano, tra le altre cose, autore della fotografia “Piss Christ”, che raffigura un crocifisso di plastica immerso in una vasca d’urina.

[3] Il realismo in campo artistico non ha niente a che vedere con la tendenza a fornire un’imitazione il più possibile somigliante dell’oggetto rappresentato. In questo caso si tratta di semplice abilit

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